Un articolo, apparso sul mensile di Ottobre della Borsa Italiana, sottolinea come la laurea si stia svalutando e stia perdendo quel caratteristico appeal che l’ha sempre contraddistinta; al contrario, si segnala un maggiore interesse e dunque una maggiore remunerazione per i diplomi.
Questo dato, a mio avviso, è molto preoccupante e ci deve far riflettere sulla condizione attuale della nostra università e dei nostri percorsi didattici.
Partiamo da un dato di fatto:
Un giovane laureato, al termine dei suoi 7 anni (in media) di università e dopo aver superato 50 esami, si trova ad affrontare un mondo sconosciuto;
un mondo basato sulla competizione e sulle competenze, su saperi pratici e pragmatici, sul dinamismo e sulla flessibilità.
La tanto ambita Laurea dunque si rivelerà un punto di partenza e non un punto di arrivo per affacciarsi su questo mondo.
Ci si dovrebbe quindi interrogare sull’efficienza e sull’efficacia dei nostri percorsi di laurea.
A mio avviso bisognerebbe ascoltare di più gli input che vengono dal mondo del lavoro, adattando in tal senso la didattica.
Ad esempio, tecniche come il Project Financing, il Construction Management, il Global Service, sono per gli studenti della Facoltà di Ingegneria del tutto sconosciute benché rappresentino il futuro per il settore; per non parlare della finanza d’impresa e in genere di tutte quelle conoscenze fondamentali per qualunque attore del mondo del lavoro ma totalmente ignorate dai docenti (che magari si ostinano a perseverare su qualche secolare teorema).
Bisognerebbe ripensare e rifondare tutti i corsi di laurea, magari tagliando quelli obsoleti, nati solo per creare cattedre, riducendo in questo modo anche i costi, divenuti ormai insostenibili.
Bisognerebbe, inoltre, dare più spazio e più importanza ai tirocini, soprattutto quelli in azienda, magari dedicandogli l’intero semestre precedente la laurea.
Il giovane laureato potrà così contare su un bagaglio culturale più rispondente al percorso lavorativo scelto e su una vera esperienza di 6 mesi che lo avrà formato e preparato per affrontare le sfide che lo attendono.
A mio parere, solo lavorando in questa direzione potrà avvenire l’effettivo inserimento del giovane laureato nel mondo del lavoro.